domenica 30 novembre 2008

Gli spettatroci o del narcisismo umano

Profondamente scosso e finanche offeso nella mia dignità di uomo, mi trovo costretto ad offrirvi delle riflessioni che di primo acchito vi sembreranno indegne della più recente produzione di questo pur sempre misero blog. Sì, misero, ma non come l'umanità che mi appresto a descrivervi con impavido coraggio e indomito disprezzo. L'origine del mio attuale sconforto è da ricercarsi tutta intera nell'amara necessità, che mi ha costretto ad assistere alla seduta di laurea di mio fratello. Solito triste e squallido copione: parenti in trepidante attesa del genio di turno che finge a bella posta per loro di aver percorso una splendida carriera universitaria e di essere amico intimo del proprio relatore, cui spesso, con un audace colpo di mano, riesce ad estorcere una foto a perpetua memoria dell'unico giorno di gloria della propria vita. E sì, l'unico per tanti che si vedranno costretti all'inedia e a fantozziane quanto orrende umiliazioni lavorative e non solo. Tuttavia quel giorno è un tripudiare di fiori, di sorrisi, di studiate gentilezze: l'illusione prevale su tutto e la patina di falsità è salva. Si pensi all'odiosa passerella di vacche, per l'aspetto, tanto prodigiose da essere al contempo capre, per l'ignoranza, che incedono talune sicure nelle loro calzature dal tacco alto quanto è bassa la loro levatura culturale, talaltre un po' malferme per via degli stessi trampoli ,talatre ancora anche un po' rafferme. Naturalmente si potrebbe a lungo disquisire delle scarpe che vengono esibite dalla quasi totalità delle donne in occasione delle lauree e in similia, ma ci soffermeremo qui solo sul punto decisivo lasciando spazio ad un'unica fondamentale domanda cui peraltro non ci daremo pena di trovare una risposta (ecco la bellezza dell'autentico pensiero): quale è il ti estin che rende un paio di ciabatte delle calzature che presumono di essere eleganti? Ma non lasciamoci sviare nelle nostre riflessioni da sì pur feconde questioni e muoviamo verso la valutazione etologica, prima degli esemplari femminili, per una mera questione di compiuto ordine argomentativo, poi di quelli maschili, lasciando per ultime le considerazioni sui subumani. Ordunque, chi può dichiarare di non essersi mai avveduto, non senza veder nascere dentro di sè un moto di benevola indignazione, dell'astuto tentativo di certe matrone e delle loro perfide figlie di simulare intelligenza, finezza e compostezza dei modi e di dissimulare la più crassa ignoranza e l'incontenibile desiderio di togliersi le scarpe o di camminare come solgono fare a casa quando in loro prevale il più genuino elemento fisiologico e coprono quindi con piede celerrimo i metri che le separano dalla cucina alla toilet? Audire le loro voci ripaga con giusta moneta gli stolti che ne ammirano gli abitini succinti da cui esondano le forme maggiormente eccedenti: è allora che si assiste ad un concerto di inflessioni dialettali tra le più cacofoniche, solo allora, per generoso contrasto con una falsa apparenza di grazia del porsi e dell'abbigliarsi, si avverte in tutta la sua pienezza lo stridore, il gracchiare, lo starnazzare degli esemplari in oggetto. Inoltre, come trascurare l'attento vigilare di quelle mielose mammine a che nessuno le veda mentre minacciano di morte o di prometeici supplizi i loro pargoli, che già mostrano di sapere come devono crescere per emulare degnamente padri e madri? La finzione è tutto. Non la maschera purtroppo, che in pochi hanno il coraggio di mettersi davanti.
Passiamo alla parte dell'umanità che si crogiola nel definirsi virile. L'insieme dei moduli comportamentali dei soggetti che ne fanno parte ruota tutto intorno ad un asse centrale: quell'inappagabile desiderio di dare respiro alle pance oppresse dentro stretti quanto eleganti calzoni tenuti su a protezione della verecondia universale da spietate cinture. A niente valgono le occhiataccie delle mogli; il desiderio va appagato mediante lievi e non privi di una certa grazia colpetti al cinturone ad intevalli di tempo di non più di una dozzina di minuti cadauno. La bonaria trivialità di simile umanità già abbrutita prima di entrare nelle varie facoltà da una lotta senza quartiere per l'accaparramento di uno spazio per la propria auto lucidata per l'occasione (lotta che denuncia, per le modalità in cui ha luogo e per i fini che nobilmente si propone, l'universale presenza in questi individui di una forte tendenza alla territorialità; dato biologico di non secondaria importanza) viene mitigata da una rassegnata indulgenza nei confronti delle proditorie azioni dei figli contro amici, parenti e sconosciuti.
Adesso qualche parola di benevolenza nei confronti dei lauerandi. Dicevamo dei loro tentativi di ingannare i parenti ma non si ometta di osservare che ingannano pure loro stessi, tanto sono mediocri. Pusillanimi ad ogni esame, lì, di fronte ad una commissione che in verità non deve valutarli, ostentano sicurezza. Ignobile a vedersi quanto quasi ciò che ho visto in occasione della seduta di laurea di mio fratello: ognuno dei candidati si avvaleva della proiezione di lucidi sulla lavagna luminosa e quando questa d'un tratto non funzionò più è partito l'applauso degli spettatori. Mai termine fu usato con maggior rigore: la gente che lì sedeva ma che lì avrebbe meritato di essere crocifissa credeva di essere in tv e via con l'applauso di incoraggiamento. A chi? Al candidato? Alla lavagna luminosa? Non ci è dato sapere; forse lo sapranno i posteri quando avranno studiato la psicologia dello spettatore di una remota quanto barbara epoca dominata in ogni sua espressione culturale dalle modalità televise. E permettemi di non tralasciare di raccontarvi che in quella stessa occasione ho assistito ai ringraziamenti più televisivi e al contempo da mendicante che abbia mai sentito: una candidata ha osato tributare i propri ringraziamenti, in un'escalation di miseria, al proprio relatore, alla commissione tutta (poco ci mancava si toccassero vertici oratori da comizio elettorale o da festa patronale), ai propri parenti e agli amici. Inaudito.
Quasi alla fine (ma per la verità alcuni di voi sanno che quando scrivo i miei post so quando inizio ma non so dove sta l'epilogo) mantengo la mia promessa e già solo per questo sono più affidabile di un politico qualunque: vi parlo degli esemplari subumani. La quasi totalità delle forme biologiche che sussistono sulle sedie dietro il tavolo della commissione valutatrice non raggiunge lo stadio zoologico e si ferma al muschio o al licheno anche se è onesto rilevare che i prodotti di taluni dipartimenti sono per consolidata consuetudine evolutiva fermi al protozoo. Lasciatevi ingannare dalle apparenze, che sono tutto: non solo non sono superiori per cultura, figuriamoci per intelligenza, alla media degli spettatori ma, una volta fatto venire meno il sistema rituale della seduta di laurea, o in alternativa dell'esame, perdono consistenza, si liquefanno e i meno consistenti evaporano. Talvolta sento dire a qualche ingenuo studente che stanno al gioco e conferiscono un'apparenza di dignità alla seduta di laurea per una sorta di benevolenza nei confronti dei laureandi. Non è così: fanno il gioco perchè loro, al di fuori di esso, non consistono.
Qualche breve riflessione la concediamo pure all'ultima categoria, l'unica cui la Verità si dischiude generosa e senza pudore e l'unica capace di farsi grasse risate in queste occasioni. Ai suoi membri è stato attribuito il nome di spettatroci, la cui etimologia viene così spiegata: si trattarebbe di spettatori ma, distinguendosi essi per la Conoscenza, per lo spirito lindo e l'arguzia della battuta, il loro nome assume il suffisso "atroci", connesso, come certamente non sfuggirà ai più provati filologi e linguisti tra i miei lettori, con l'atrocità tipica di un'autentica conoscenza, di uno spirito puro e capace di ridere in maniera non spontanea. Lo spettatroce ride del candidato, della commissione tutta e dei parenti senza eccezione alcuna. Sa ridere anche di se stesso qualora abbia la sventura di trovarsi in una di queste categorie e sa spogliare di ogni significato la laurea in ognuno dei suoi elementi. Di conseguenza non veste mai elegante, neanche per la propria laurea. Ragion per cui, sospetto che tra autore del presente post e lettori più o meno fedeli, come dire... Nel novero di questi, l'unico autentico e compiuto spettatroce sarà il sottoscritto.
Dirà adesso il lettore: "banalità!". "No!, stolidi intelletti!", risponderà l'Autore, "evidenze". E ciò metta debitamente a tacere ogni obiezione!

15 commenti:

ladynviolet ha detto...

Oh savio Antonio! Confesso d'aver provato pressappoco gli stessi sentimenti nel giorno della laurea di mia sorella.
Tutto oramai è televisione. Tutto è solo forma, spettacolo nel senso più deletereo e privo di senso possibile. Mancava solo che le candidate ringraziassero lo stilista che aveva fatto loro il vestito e dedicassero il loro "sudatissimo" voto con lode in onore della causa della pace nel mondo. Al fin della fine la miserrima scena madre(che a questo punto non ti risparmio, ché so potrai comprendere): uscita dalla flash-proclamazione (sono così infamanti e assurde che sto pensando seriamente di rinunciare alla dissertazione)una laureata, inquadrata dall'improvvida parente armata di videocamera, interrogata su "cosa avrebbe voluto dire" da lasciare impresso nel video per la memoria parentale, eccola disgraziatamente dire "Saluto tutti quelli che mi conoscono".
Ho detto tutto, e mi sa anche lei.
Fortuna che la mia consanguinea, opportunamente istruita da me, ha avuto un contegno apprezzabile; e ha esibito una moderata felicità, ma senza eccessi, che ci sta pure questa.
Un saluto.

Giovanni Polimeni ha detto...

Che ridere, caro Antonio! :-D

antonio ha detto...

Quale peccato di ortografia, Dell'Ombra dei miei stivali? Segnalameli, piuttosto di ammonirmi a ricordare di aver scritto qualcosa che, per quanto mi riguarda, ho anche parzialmente inventato in ossequio al mio consuetudinario comportamento universitario.
Luise, se tu fossi stata maggiormente presente in questi giorni il mio post si sarebbe arricchito di un'analisi del vestiario femminile: io, con le mie misere conoscenze, non ho potuto farlo perchè mi manca il linguaggio specifico. Sappi che il "saluto tutti quelli che mi conoscono" volevo scriverlo nel post ma poi mi sono detto che avevo un dovero nei confronti della realtà degli accadimenti, che peraltro regalavano già abbastanza.
Infine, caro Polimoenus, se ridi ora con la robaccia che ho scritto, prova a ridere di meno leggendo finalmente le mie sicuramente più degne "brevi considerazioni sulla miserabilità del siciliano" e soprattutto attendi di ridere di più quando il mendace dell'Ombra sarà pubblicamente svergognato di fronte a tutti gli amici riuniti in casa sua (e poi ha la faccia tosta di ammonirmi a smetterla di fingere che non abbiamo scroitto qualcosa in passato; ah stolido!).

antonio ha detto...

Dell'Ombra, ti prometto che questa è l'ultima volta che pubblico qualcosa senza prima averla riletta. Ho emendato l'emendabile, sperando di non aver omesso nulla.

Cateno ha detto...

Caro Antonio, secondo me la parte più interessante e 'vera' è quella in cui descrivi i 'subumani'; sveli la necessità del prendere parte al gioco, pena l'inconsistenza. Anche noi siamo parte di certi giochi, anche gli spettatroci (ma tu fai parte degli spettafroci! :-P), anche se non in quel contesto, magari in qualche altro. La coscienza del nulla che li (o ci) contraddistingue non è né un vanto, né un'elevazione: è un passo verso il nulla. Da questo punto di vista siamo tutti inconsistenti, sempre.

antonio ha detto...

Stoltissimo Cateno, ciò che ho scritto non esclude mica il tuo discorso sul nulla. Ti confesso che in una fase iniziale della redazione del post avevo scritto della solidità ontologica del nulla di tutti noi, spattatori e spettatroci, ma poi ho lasciato perdere perchè conferiva allo scritto una dignità filosofica che non meritava. Credimi, sono contento di questa sotterranea corrispondenza di idee che si va formando tra me e te e di cui solo io riesco ad avvedermi.

Cateno ha detto...

E quando leggerai quel racconto virale sarai ancor più contento di questa corrispondenza!

antonio ha detto...

Se domani vieni in facoltà portami la versione cartacea.

Sebastiano Scavo ha detto...

In effetti, lo dico commentando ladynviolet, l'aneddoto della cineoperatrice e della relativa infausta risposta è davvero vergognoso, anche a voler concedere alla neolaureata una comprensibile(?) ilarità post - discussione.

Che dire del tuo pezzo, Antonio... tragico, davvero tragico nel colpire così duro... sono reduce anch'io da una laurea, qualche settimana fa... impressionante vedere l'ipocrisia e l'insofferenza delle commissioni per i candidati, per i rituali (comprensibilmente), per gli applausi fuori luogo del parentado... e tutti i rituali legati a questi, i fiori, i tacchi, i bambini maleducati, le ipocrite lodi sperticate, gli amici di ritorno... io però non me la sarei presa con i poveri laureandi, più o meno pusillanimi, a parte alcuni casi eccezzionali: sebbene tanto bistrattato, quel titolo è sempre simbolo di una porzione di vita, di un cammino culturale e quando va bene umano.
Alla fine, secondo me, non è da rimproverare così duramente un po' di (apparente) ribalta dopo anni di anonimato in una università a volte spersonalizzante. Tanto anche quella ribalta dura così poco da essere innocua. Purtroppo, dobbiamo farcene una ragione se spesso certi teatrini, più o meno volontari e per alcuni forse troppo importanti, non hanno la qualità del buongusto.
A rileggerci,
real_gone
il_posto_delle_fragole

antonio ha detto...

Caro Real Gone, tu, come la maggior parte dei miei lettori, sei più saggio e più benevolo del sottoscritto e puoi quindi astenerti dal prendertela con laureandi e altri simili innocenti che hanno come unica vera colpa di essere dei mediocri, ma io non ce la faccio. Anche mia madre dice che sono cattivo. Il problema è che gli esemplari con cui sono costretto ad avere sempre ache fare mi hanno incattivito. Solo una precisazione: spero tu abbia capito che io volevo comunque prendermela soprattutto con i docenti, che in quanto si suppone siano più intelligenti, sono anche moralmente più legittimamente imputabili (spero si possa dire così). Loro quei maledetti riti li amano e non si limitano a tollerarli. Quanto all'indulgenza che dovrei usare nei confronti di chi vuole valorizzare il momento della laurea come conclusione di un periodo di fatiche non temere, capisco il tuo benevolo rimprovero ma non fai che confermare ciò che avevo saggiamente scritto nel post, ossia che l'unico vero spettatroce sono io!!! Affronterò con impavido coraggio questa tragica situazione! L'unica concessione che ti faccio consiste nell'ammissione che dovrei valutare le diverse lauree in maniera differente. Per qunato ne so io nella tua facoltà c'è dignità e una giusta severità, ma pensa alla maggior parte delle altre. Sulla mia glisso per pudore e gli altri lettori faranno lo stesso perchè si vergognano ancor apiù di me. Infine scusa se ho scritto un commento doppio al tuo post ma il tuo blog mi dà parecchi problemi tecnici.

Sebastiano Scavo ha detto...

Caro Antonio,
non hai motivo di autoaccusarti di essere cattivo, né intendeva farlo il sottoscritto. Penso che raramente ci sia cattiveria dove c'è tanto acume di osservazione; semmai si può discudere se "cattiva" - in senso morale - sia la lucidità dell'analisi. Ma questa non è responsabilità dell'osservatore.
Non so se la mia sia benevolenza, e se essa, relativamente ai laureandi, debba esserci sempre e comunque. Probabilmente no, altrimenti saremmo dei buonisti. Solo che della mediocrità della gente non ne farei una colpa, non sempre, semmai una pena, per loro stessi e per chi sta loro attorno. Se poi si sommano così tante mediocrità...
Infine, vorrei chiarire che non ho avuto intenzione di alludere ad un presunto e millantato diverso "peso specifico" delle lauree, cosa versola quale sono abbastanza scettico. Se come, credo, ci stiamo confrontando sul "valore" dei soggetti e non sulla "serietà" del titolo (cosa, come ho detto, sempre opinabile), ti assicuro che anche qui da noi lasciamo parecchio a desiderare, con professori professionisti dei riti, ancora più parrucconi, più reazionari, più vecchie e laureandi parimenti discutibili, sia umanamente che culturalmente. Solo che, a nostra parzialissima discolpa, c'è di mezzo un metodo di studio assolutamente mortificante di ogni capacità critica. Con qualche eccezione, come sempre.
Grazie per il sempre proficuo confronto,
a rileggerci
real_gone
http://il_posto_delle_fragole.go.ilcannocchiale.it/

antonio ha detto...

Caro Sebastiano, se tu sei anche giustamente insoddisfatto della tua facoltà fatti raccontare dal tuo amico iscritto in filosofia e che ieri ho avuto il piacere di conoscere che razza di cloaca in cui possono sbocciare solo pochi fiori è la nostra! Io e altri lettori di questo blog ti siamo sinceramenet grati per aver avuto il coraggio e la sana spontaneità di definire "cane" uno dei nostri più "cari" docenti. Macchè dico docenti, maestri!

Sebastiano Scavo ha detto...

Sì, sì, Enrico mi ha detto di tutti i suoi incontri di ieri... per mia fortuna, riguardo al docente di cui sopra, sono in una posizione privilegiata essendo un osservatore esterno che non teme minaccia di vendette "agli esami". Per amor di correttezza però mi affretto a precisare che l'attributo era riferito esclusivamente alle qualità canore del soggetto, non certo alle rimanenti qualità che non ho il piacere di conoscere, se non in maniera "mediata" (credo che Enrico abbia dimenticato di raccontarvi altri aneddoti).
Posso allora commentare serenamente che il suddetto docente, nel più o meno apprezzabile tentativo di cantare alcune parti del Trovatore verdiano, sia risultato genuinamente irritante, concetto che ho sintetizzato forse brutalmente ma senz'altro senza esagerazione.
Alla prossima,
real_gone
il_posto_delle_fragole

Anonimo ha detto...

Antonio la tua è una dote naturale!
"La quasi totalità di forme biologiche che sussistono sulle sedie dietro il tavolo della commissione valutatrice non raggiunge lo stadio zoologico e si ferma al muschio o al licheno anche se è onesto rilevare che i prodotti di taluni dipartimenti sono per consolidata consuetudine evolutiva fermi al protozoo." Questo periodo (o frase lunga) è sublime.

antonio ha detto...

Ripensandoci un po' su forse è vero che quella frase ha un che di sublime anche se lì per lì non ci avevo fatto caso. Hai la quasi mia sincera gratitudine, benchè la tua gentile osservazione contribuisca a farmi sprofondare nella più cupa depressione riuscinda essa a farmi pure notare con maggior stridore quanto la mia miserabile prosa sia inadeguata nella redazione di una tesi di laurea.