mercoledì 24 dicembre 2008

Post natalizio o ad sexum pertinens

Non è da escludersi che il lettore più avventato veda nel titolo che non mi sono peritato di dare al presente post il superficiale quanto triviale tentativo di svilire i sacri valori custoditi dalla festa del Natale con il loro accostamento a qualcosa di ritenuto impuro; tuttavia si vedrà presto quanto questo giudizio sia ingeneroso prima di tutto verso il prudente autore cui fate l'onore di leggere le sue povere riflessioni e poi anche verso la vostra intelligenza (non so perchè ma così è).
Mi spiego. Così come il Natale celebra l'incontro dell'Essere con il Divenire, la sessualità, nel modo in cui cercheremo di intenderla qui, vuole permettere l'incontro dell'Essere con il Divenire. Naturalmente, se preliminarmente si è voluto tirare in gioco l'analogia di fondo di questo duplice incontro, adesso si dovrà pur proiettare sotto la più chiara luce il fatto fondamentale, ancora una volta duplice: mentre nella mangiatoia alla periferia dell'Impero è l'Essere che irrompe nel Divenire sottoponendolo ad una piegatura e financo spezzandolo definitivamente in due, nel dominio della sessualità il Divenire imprime il proprio carattere all'Essere, operazione che, va da sè, non può tuttavia avere un carattere definitivo, storico e tanto meno eterno. Ma ciò agli spiriti autenticamente filosofici, credo, basterà e donerà ogni gioia umanamente possibile.
Entriamo nel merito della questione. Oggi si fa tanto vanto nei paesi occidentali di un'ampia diffusione della libertà sessuale. Niente di più efficace per continuare a tenere sotto controllo i sani spiriti animali dell'uomo, che piuttosto vengono stornati per essere impiegati sui campi di battaglia, nella feroce concorrenza economica e nell'eterno agone per il successo sociale. La struttura patriarcale, fondata, in Occidente, sulla monogamia, permane pressocchè immutata; l'elevazione dell'adulterio a pratica quasi legittima non comporta un serio spostamento dei termini della questione; tutt'al più funge da sintomo. Analogamente, l'anarchia sessuale delle giovani generazioni non rende la nostra specie più intelligente e, nutriamo il più che solido sospetto, neanche meno infelice. Probabilmente l'effetto maggiormente degno di nota di tali comportamenti che si autodefiniscono "liberi" è solo lo slegamento della passione fisica dal sentimento. Un nuovo idealismo da una parte, un pernicioso dualismo dall'altra, animano questa novella ma già stanca umanità: il corpo e i suoi affari non sono faccende per il supposto spirito e i suoi sentimenti. Niente va contro il più superficiale commercio dei corpi e il contemporaneo adolescenziale desiderio di incontrare l'amore eterno e come in ogni buon dualismo che si rispetti, a difesa dell'impianto teoretico e della morale che gli conferisce significato e utilità, va cercata la buon vecchia ghiandola pineale. Facile oggi a trovarsi: il modello televisivo-cinematografico che le due parti eterogenee tiene insieme e la cui ardita composizione giustifica e incentiva. E lo stesso idealismo fa la sua parte: a dispetto di un'apparenza che vorrebbe far assumere alla carnalità del rapporto sempre maggiore normalità, oggi il corpo è visto come qualcosa di distante e quasi da non toccare. All'uscita da una discoteca o durante una festa non ci si conosce, non si conosce il corpo dell'altro e pur dandosi al sesso non si dà la benchè minima intenzione di conoscerlo. Gli occhi del partner rimangono ignoti, così come le mani che frugano curiose ma in preda al più terribile timore: il corpo appare tutto nei genitali; è lì solo che si mostra, spesso senza neanche concedersi all'occhio: si fa idea più che cosa.
Ma se affermiamo che questo modello di esistenza non funziona, non possiamo forse tentare di trovarne un altro? Perchè degli aristocratici dell'esistenza non prendono in mano la loro vita e, invece che limitare le gioie che provengono dalla sessualità o, su un fronte opposto e quindi speculare, disintegrarle in azioni che ne sviliscono il valore, non dimostrano che è possibile moltiplicare quelle occasioni di piacere, gaudio e seppur momentanea felicità? Non è forse possibile arricchire la propria altrimenti spesso infelice esistenza dedicandosi senza posa a relazioni amorose con più donne, con più uomini e perfino con più esponenti dei due sessi qualora il proprio istinto lo suggerisca? Intendiamo dire, non sarebbe legittimo e tecnicamente possibile per questa aristocrazia dell'esistenza amare più simili sulla base di un amore ogni volta diverso come ogn'ora sempre diversamente foggiata dal Divenire è la nostra presunta individualità? Non sarebbe allora il nostro io finalmente più libero di offrirsi alla necessità? A quella necessità dell'istinto che non ammette rigide limitazioni se non al prezzo di una perdita di vigore psichico? Quale scandalo costituirebbe tutto questo? Non viene forse predicata da millenni una dottrina dell'amore universale? Non dovrebbe ingenerare maggior scandolo questa piuttosto che quella di un amore tra più persone ma pur sempre tra meno che tra l'universalità tutta di questa nostra sciagurata stirpe? Allora forse a quei pochi fortunati l'amplessso non sarebbe più concesso per una consuetudine del fine settimana o della noia coniugale; l'abbraccio tra due umani non costituirebbe più qualcosa di simile a quanto si verifica tra due pugili che si cingono con le braccia per evitare i colpi dell'avversario: assumerebbe la forma di un avvicinamento autentico, foss'anche timido e prudente, tra due forme di vita che vogliono sfuggire al dolore, alla noia e al non senso; i presunti amanti avrebbero meno da temere dall'altro perchè l'amore perderebbe buona parte del proprio carattere di campo di battaglia in cui conquidere un'anima in maniera esclusiva e anche definitiva, benchè spesso si abbia la vaga consapevolezza che si tratti della definitività del momento, che pur sempre definitività è. Sottrarre all'amore il suo carattere egoistico: ecco la debolezza della nostra umile proposta che quasi cede il campo alla stolida utopia. Tentare ed esplorare nuovi territori, però, non è iniziativa da scartare. Non pretendere il cosmo dall'amato segnerebbe il primo passo, vederlo nell'insieme di tali auspicate molteplici relazioni amorose costituirebbe il secondo. La fissità dell'esistenza lascerebbe il posto ad un ritmo musicale sempre vario; la monoliticità della vita si scioglierebbe nella levità di un continuo fluire che non risparmia neanche un presunto e surrettizio io osservativo e che si dà la pena di cercare il godimento. In un gioco di specchi quegli aristocratici potrebbero cercare di vedere se stessi nella loro essenza più vera: il loro corpo, che è il corpo degli altri che amano e da cui sono riamati.

12 commenti:

antonio ha detto...

Scusami, ma non ti capisco: ne ho scritto di cose belle ma proprio questa non la consideravo il mio opus magnum. Forse perchè è il post più sporcaccione?

Tommy David ha detto...

"Non è forse possibile arricchire la propria altrimenti spesso infelice esistenza dedicandosi senza posa a relazioni amorose con più donne, con più uomini e perfino con più esponenti dei due sessi qualora il proprio istinto lo suggerisca?"

È l'essenza più vera del libertinismo settecentesco. Spesso ci rifletto anch'io (speriamo che Ossidia non legga questo commento... :-D ), ma credo che nella pratica -- ovvero nei corpi -- la riflessione si mortificherebbe all'istante.

A proposito, una delle mie prossime letture potrebbe essere questa...

antonio ha detto...

Quella da te suggerita, Tommy, è una lettura che mi riprometto di fare anch'io. Comunque forse nel mio post non ho chiarito bene le differenze tra la mia idea e quella del libertinismo del Settecento e di tutte le epoche. Io auspico un amore autentico e non esclusivo, consapevole e appassionato, fecondo di riflessioni; non certo l'anarchia sessuale che oggi è diffusa non solo tra i nobili e gli intellettuali, come magari era nel settecento, ma anche nel popolino.

antonio ha detto...

Dimenticavo: tu dici che nella pratica la riflessione si mortificherebbe all'istante. Sante parole: ma io mi rivolgo ai pochi che sarebbero davvero capaci di godere di simili molteplici piaceri ben sostenuti da una ricchezza policentrica di sentimenti.

Tommy David ha detto...

Temo sarebbero meno che pochi a riuscire a sostenere la polifilia. :-)

Sarei però proprio curioso di capire come essa possa accordarti col tuo pessimismo universale verso la schiatta umana. O forse che i pochi-molti amanti prescelti verrebbero arruolati solo tra le persone degne, come mi sembra di intuire?

Saro ha detto...

Caro Antonio, sospetto che un uomo capace di quello di cui tu parli non esista ... può l'uomo amare in modo molteplice ? Cioè mi chiedo se la struttura psichico-morale dell'uomo gli permetta questo, quando spesso si vede che non riesce ad amare bene neanche quell'unica che gli toccherebbe, amandone male molte. Quanto al libertinaggio, lì la molteplicità è la regola, piuttosto seguita direi, se è vero che nessuno perde l'occasione ghiotta. Ma appunto tu parlavi di altro. Per gli antichi il sesso era la cosa più spersonalizzante che vi fosse, dandosi al sesso loro accettavano di recevere e di dare i doni di un terzo, di Venere. Dal sesso non nasce la personalità, piuttosto l'impersonale terzo. Tutti i misteri si basano proprio su questo terzo uomo sessuale. Dare al sesso un volto personale è come dire cucire lo strappo natura/spirito (corpo/coscienza).

antonio ha detto...

Tommy, il mio pessimismo verso la schiatta umana è universale, ma non per questo mi riduco a giudicare tutti alla stessa maniera. Come tu osservi nella chiusa del tuo intervento, esistono dei pochi degni che io riterrei capaci di sinceri amori molteplici.
Saro, capisco le tue perplessità riguardo alla nostra costituzione psichica ma negli ultimi anni ho maturato l'idea che se spesso finiamo per lamentarci dell'incapacità di amre dell'uomo è perchè pretendiamo da lui qualcosa di impossibile, che per me coincide con l'amore esclusivo contro cui cerco di scagliarmi nel mio post. Forse l'uomo è come un contenitore in cui si può versare dell'acqua (o del nettare, fa lo stesso) solo attraverso numerosi forellini. Quando si cerca di versare una grande quantità d'acqua attraverso un solo foro se ne perde molta. A questo punto perchè non provare (si tratta appunto solo di una prova) a versare l'acqua da più piccoli fonti piuttosto che da una sola in una volta? Comunque grazie di avermi fatto riflettere un po' sulle differenze e le analogie delle mie folli teorie con quelle degli Antichi. Forse mi sbaglio ma credo che le mie idee non siano tanto lontane da un certo punto di vista da quella antica sulla questione della spersonalizzazione del sesso, anche se in un senso un po' singolare. Infatti verso la fine del mio post volevo proprio dire che sarebbe un bene se l'individuo venisse meno e imparasse a far parte di un cosmo di relazioni in cui nessuno costituisce il cosmo tutto intero, come invece si tende a fare nelle normali relazioni sessuali. Cionondimeno io aupicherei per questa via di veder ricucito lo strappo natura-corpo, cosa che tu piuttosto vedresti nel dare un volto personale alla sessualità. Non pensi che si possa rimediare allo strappo proprio deindividualizzando i rapporti amorosi e quindi fondendo gli spiriti nel fluire della natura? Neanche io ho, a dire il vero, le idee del tutto chiare su ciò che ho scritto, ma se mi aiuterete a chiarirmele ve ne sarò grato. Scusate certi errori ortografici e certe parole omesse, ma non riesco a risolvere certi problemi con la mia tastiera e sono troppo pigro e financo maleducato per rileggere il mio post prima di pubblicarlo.

Sebastiano Scavo ha detto...

Un altro bellissimo post, Antonio (a proposito, rispondendo al tuo commento sul mio blog ho individuato un altro probabile comune amico), che lancia un tema molto affascinante.

La "polifilia" di cui qualcuno ha parlato (con felice espressione) è un concetto che, così come lo ha delineato Antonio, è piuttosto raro da incontrare - le storie che ho ascoltato, tra quelle che più si avvicinano a questo modello, sono storie di ragazzi il cui atteggiamento non mi sembrava "amore" ma qualcosa che più era imparentato col puro libertinaggio settecentesco. è difficile stabilire se, antropologicamente e sociologicamente, l'amore implichi anche la monogamia e l'esclusività negli affetti; insomma, non so dire se l'assenza di queste condizioni lo escluda. Ma forse si dovrebbe discutere anche del concetto. Non è difficile legare l'amore alla monogamia e all'esclusività sessuale se lo si aggancia al nostro sistema di valori, sociali e culturali. Un esempio di amore che si agita tra il modello "monogamico" e quello opposto ci può stare nel film di Damiani "la noia" (tratto dal celeberrimo libro di Moravia, che però non ho letto). O meglio, i due personaggi principali, nella complessità delle letture che se ne possono dare, mi ricordano questa tema: la giovane Cecilia, che ama contemporaneamente Dino ed due altri che non si vedono mai, potrebbe incarnare la polifilia di cui parla Antonio; Dino invece (il protagonista), che all'inizio non sembra tenere in considerazione il rapporto con la donna, ne diventa invece ossessionato quando scopre le altre relazioni di lei e non può fare a meno di lasciarla dopo aver capito di non poterla avere "in esclusiva" (perdonate la grettezza dell'espressione). Mi rendo conto che l'intreccio, anche così semplificato, dà ampio adito a molte complesse interpretazioni che spero di ordinare meglio leggendo il libro.

A rileggerci,
r.g.

antonio ha detto...

Scusa il ritardo nella risposta ma sono stato impegnato in una scampagnata presso la casa di colui che ha tirato in ballo il termine polifilia. Proprio da lui siamo addivenuti alla conclusione che forse, per ciò che io intendevo dire, sarebbe meglio parlare di oligofilia (non a caso io ho tirato in ballo un'aristocrazia dell'esistenza). Ciò che tu sottolinei è più che condivisibile e certamente neanche io sono sicuro della bontà della pars construens della mia proposta ma sono convinto che l'amore così come è inteso dai più e così come viene praticato riduce le possibilità di rendere meno infelice l'esistenza. Nutro il sospetto che l'ancoramento dell'amore all'esclusività del possesso dell'amato se non alla monogamia in ogni suo possibile significato renda arido ogni rapporto. Ad ogni modo, un esercizio forzato dell'oligofilia imposta da un nuovo costume o da una nuova moda non sarebbe meno deleterio per l'uomo: che si faccia ciò che rende più liberi nella necessità della nostra natura e non ciò che artificiali vincoli sociali impongono di volta in volta!

antonio ha detto...

Quanto all'ulteriore amicizia in comune hai proprio ragione: sono amico anche di padre Domenico. Sa che mi muovo su posizioni poco confacenti ad uno spirito virtuoso nel senso tradizionale del termine, ma se sapesse di queste ultime riflessioni sobbalzerebbe dalla sedia! Eppure nenanche un cristiano dovrebbe rigettare con immediato sdegno ciò che ho scritto perchè si qui si parla di un'estensione dell'amore e dell'avvicinamento autentico da parte di esseri umani, anche se certamente su un paino universale.

Sebastiano Scavo ha detto...

Sì, salterebbe dalla sedia! Ma, anche senza darlo molto a vedere, apprezzerebbe molto le argomentazioni e ci riflettereebbe su, prima di rifiutarle categoricamente.
Comunque, non è poco.
Buon Anno, Antonio
e buon anno ai lettori.

A rileggerci,
real_gone
il_posto_delle_fragole.ilcannocchiale.itprostin

antonio ha detto...

Buon anno anche a te, fermo restando che i festeggiamenti del capodanno non sono che l'evidente espressione di una psicosi di massa, che tuttavia proprio perchè condivisa a livello sociale, viene tollerata e perfino incoraggiata.
Allegria.