martedì 11 marzo 2008

Homo omnipotens deus

Il titolo, va da sè, intende essere sarcastico. L'uomo aspira a farsi dio benchè spesso non sia in grado neppure di salvaguardare la sua stessa natura d'uomo. Dall'essere umano si dipartono per ogni dove (in questo senso si allude al concetto di onnipotenza e non certo perchè essa possa darsi integralmente e tutta in una volta in un medesimo soggetto) direttrici di potenza cui è affidato il gravoso compito di tacitare l'angoscia che offre la consapevolezza della fragilità. Per accorgersene è sufficiente osservare l'atteggiamento degli uomini nei confronti dei bambini e dei morti. E' stato autorevolmente affermato che il concepimento risponde soprattutto ad un desiderio di soddisfare la propria volontà di potenza e di garantirsi un'immortalità nella progenie e ciò basterebbe a scandalizzare gli intelletti e ancor più i cuori degli stolti; ma possiamo vedere all'opera la potenza umana anche nelle amorevoli cure che la nostra specie riserva ai piccoli: quanto spesso anche un genitore si diletta ad affermare il proprio arbitrio sul figlio sentendosi peraltro autorizzato a farlo in quanto più forte piuttosto che più autorevole? E non voglio dire che gli ordini imposti debbano essere per forza illegittimi, piuttosto che la vera radice di essi non è la responsabilità o la giustizia o quel sentimento che chiamano amore ma il bisogno di affermare una potenza: la propria. E non si sottovaluti il compiacimento che coglie coloro che assistono al pianto di un bimbo: quale godimento sorge dalla condizione inerme del debole!
Passiamo all'altra, a mio parere, evidente espressione della ricerca di potenza da parte dell'uomo: quella che si serve dei morti. Se chi scrive non vede ciò che non può vedersi perché non c'è, è possibile affermare che in coloro che prendono parte a delle esequie, specialmente se non profondamente coinvolti dalla mestizia della circostanza, è riscontrabile un senso di potenza per l'essere ancora vivi, per la possibilità di poter seppellire un proprio simile e in definitiva per la momentanea illusione, segnata da una speciale ebbrezza, di sentirsi meno mortali.
Tralascio di parlare della relazione di potenza che il sano instaura con il malato perché spesso in essa è prevista la controindicazione del fastidio, quando non dell'autentica sofferenza, che il primo deve tollerare, la quale rende meno chiara e piacevole la sorgente della potenza.

4 commenti:

Cateno ha detto...

Mi fai venire in mente questo famoso passo: "Oltre alle varie considerazioni su trasferimenti e possibili miglioramenti di carriera che da quella morte potevano derivare, il fatto stesso della morte di un uomo conosciuto e vicino suscitava in tutti coloro che ne venivano informati, come sempre, un sentimento di soddisfazione, giacché a morire era stato lui e non loro.
-E' morto lui, non io- era il pensiero di ognuno" (L. Tolstoj, La morte di Ivan Il'ic, Rcs, Milano 2002, pagg 16-17).

antonio ha detto...

Davide, sono andato a curiosare sul link che mi hai suggerito e posso dire di non apprezzare molto le proposte di questa specie di ecologisti. Far estinguere l'umanità per preservare il resto del istema biologico non mi sembra un'idea interesssante: credo che l'uomo, pur nella sua infinita stoltezza (sono reduce dal barbiere e ti puoi immaginare che tipo di umanità ho visto poco fa), abbia una dignità maggiore di tutte le altre specie. Certo, dovrebbe aver maggior rispetto per esse, ma se vi sono ragioni per non procreare sono da ricercarsi altrove: consapevolezza della tristezza della vita, senso di responsabilità, negazione dell'istinto di potenza di cui ho scritto. Questa è la mia opinione.
Per Cateno: be', allora forse non ho visto cose che non dovevo vedere perchè non c'erano; se lo ha detto anche Tolstoj!

antonio ha detto...

Cao Davide, non trascuro del tutto le tue ragioni ecologiste, ma io voglio dire che, non da un punto di vista biologico, bensì ontologico, l'uomo ha un diritto di superiorità in quanto, per dirla con Heidegger, pastore dell'Essere. Certamente neanche io desidero il maltrattamento degli animali o la distruzione dell'habitat (che peraltro avviene da prima della comparda dell'uomo), ma non mi sembra valida la motivazione della preservazione della natura affinchè si decida di non procreare.

antonio ha detto...

Davide, siamo tornati d'accordo.