domenica 16 marzo 2008

Le Tavole della Legge

Ecco il post che i miei lettori più empi attendevano e che quelli più pii e devoti temevano. I banditori della religione cristiana, soprattutto per quanto attiene la sua espressione latina, ricorrono oggi più di un tempo, quando il fondamento naturale alla morale poteva vantare un valore speculativo e filosofico più consistente, all'argomentazione secondo cui le leggi morali giudaico-cristiane farebbero splendere la loro ragionevolezza e la loro validità universale se solo venissero messe a confronto con la natura, che, è chiaro, si identifica poi con la perfetta creazione dell'unico Dio. Ci proveremo nella confutazione di tale strategia che sembra avere il sapore di una estrema difesa. A tale scopo, nell'ambito di questo post, ci limiteremo ad una disamina della parte meno paradossale della morale giudaico-cristiana e pertanto di quella che dovrebbe essere meno indifendibile alla luce di un esame razionale di superficie. E' in questione la naturalità delle leggi donate da Dio a Mosè sul monte Sinai. Per iniziare, un intelletto che proceda sicuro per le vie di una razionalità non per forza profonda potrebbe oggi dichiarare senza tema di sbagliarsi il carattere naturale e universale del primo comandamento: "Non avrai altro Dio all'infuori di me"? E' così ragionevole attribuire a un dio il potere sul mondo? E' così certo che nel caso in cui si dia il divino esso sia ridotto ad unum? E non si trascuri il corollario di questo primo comandamento, che impone di non farsi immagini di alcunché: il divorzio tra l'espressione iconica e il sacro sancito sin dall'inizio della cultura giudaico-cristiana segna una distanza mai più colmata neanche dalla speculazione filosofica cristiana più profonda tra la realtà del mondo e l'uomo di fede. In altri termini, al seguace del giudaismo prima, del cristianesimo poi non è dato accesso alla creazione se non per mezzo di Dio e questo avviene non solo nel momento della sua comparsa su questa terra ma in ogni momento della sua esistenza. L'uomo è stato, per questa via, reso più solo e indifeso. E sotto questa luce non sorprende che un dio geloso delle proprie esclusive prerogative abbia voluto donare una tale solitudine alle proprie creature, sì da renderle maggiormente asservite al suo dominio. Be', che dire? Risponde a un disegno razionale la separazione dell'io dal mondo? In tale ottica, i nemici cristiani della separazione del soggetto dal Tutto sono vittime di un fraintendimento.
Passiamo al secondo comandamento: "Non userai invano il nome del Signore Dio tuo". Un pensiero razionale non avrebbe niente da obiettare su un simile ammonimento ma le cose assumono il loro significato anche in relazione alla loro posizione nell'ordine delle cose. Esige una condotta morale razionale una simile priorità? E' questo comandamento da anteporre a quello relativo all'omicidio? Ancora una volta la suscettibilità del Dio ha avuto la meglio. Lo stesso dicasi per l'ammonimento a santificare le feste. Analogo discorso sulla gerarchia dei valori è valido anche per l'invito ad onorare il padre e la madre, più retaggio di una cultura fortemente basata sulla struttura familiare che dono di una qualche ragione, che esigerebbe piuttosto maggiore attenzione per la sottrazione della vita ad un proprio simile. Di fronte a questo sfasamento tra valori religiosi e valori che il giusnaturalismo avrebbe definito naturali in merito all'importanza dell'assassinio, il seguito del decalogo offre poche ulteriori occasioni di critica. Tuttavia stupisce almeno, al versetto 17 del XX capitolo dell'Esodo, l'ammonimento a non desiderare, prima di tutto, la casa del proprio prossimo piuttosto che sua moglie. In conclusione, non ci si può esimere dal dolersi di una grave assenza nel decalogo, dove non si fa menzione alcuna dello stupro; segno che l'attenzione per la persona è, in esso, assai trascurabile. Ma anche questo gli spiriti pii hanno saputo e sapranno giustificare con una ricollocazione storica del dono dei comandamenti da parte di Dio a Mosè. La storia viene in soccorso al bisogno, e pure la natura e la sua compagna razionalità, benché, come si è cercato modestamente di mostrare, niente affatto a buon diritto.

2 commenti:

Cateno ha detto...

Meraviglioso, caro Antonio.
Fai rilucere l'incongruenza della legge mosaica e mostri come alla bisogna i cristianucoli invochino ora la storia, ora la natura, ora la ragione; dal che ne risulta una ingiustificata incoerenza ed il rilucere della bestialità della cieca fede.

antonio ha detto...

Se precisi a cosa ti riferisci quando dici che taccio su determinate questioni magari preciso a ma volta le mie riflessioni scrivendovi su un altro post.